# Napoli velata, un capolavoro discutibile?


Un triller psicologico dai personaggi da soap televisiva italiana, tipi fissi molto cari alle generazioni degli “anta” firmato Özpetek. Come mai? Perché in età matura l’interesse si sposta dal raggiungimento del successo alla resilienza, come a voler assorbire storie di seconda formazione, di chi resta, di chi si rialza, di chi si abbandona  per rendersi conto che contro la propria volontà “la vita si è fatta spazio di nuovo”.

 La protagonista vive contornata di mistica bellezza il suo innamoramento, ma tutta l’eleganza ancestrale e la prepotente facies di metropoli della città incombe e irrompe soffocante, quando le raffiora il trauma dell’uccisione di suo padre a causa della morte del protagonista maschile Andrea. 

    Non si può tralasciare la teatralità di Peppe Barra, nel ruolo di aiutante, animoso spiritello, fuoco fatuo nella relatività dell’esistenza in una metropoli antica, drago dalle scaglie dorate, ma sbeccate dal tempo, dove ogni storia è a sé e per cui tutto è possibile in nome sopravvivenza e dell’accettazione della diversità. 

    Le riprese del centro storico, l’accenno ad un presunto mercato antiquario nero, gli spunti inquietanti dallo Cunto de li cunti, il fatto che ad Andrea siano stati cavati gli occhi, il parallelismo tra i nudi della galleria Farnese e l’erotismo di alcune scene, l’accostamento del sacro e del profano negli stessi luoghi, in cui superstizione e spiritualità hanno lo stesso valore, la maschera rubata che passa di mano in mano ad indicare un potenziale colpevole, il dialetto per una comunicazione immediata ed accorata, la tipizzazione di alcuni figuranti mentre si svolge una tombolata, la malinconia accettata con rassegnazione proprio a causa della fissa e dura bellezza che si staglia dal mare all’orizzonte attraversando le ville barocche e rococò per scendere negli strati più bassi degli abitati, dove il degrado si mescola ai reperti classici, dove la ricchezza culturale preesistente grida e rimprovera il presente di non essere amata abbastanza sono il VELO di Napoli nella percezione che il regista italo-turco ha della città. 

    Come di chi la ama, di chi è straniero in altri luoghi ed estremamente impotente nel cuore della propria città, come di chi sa che la fascinazione e il colore dei mercati, le folle chiassose, i palazzi di vetro, la mentalità dell’accoglienza, il pianoforte alla stazione, la fermata metropolitana di via Toledo, i negozi stranieri, la viscerale passione e i problemi infrastrutturali, pubblicizzati più della cultura sono solo concessioni che Partenope offre agli abitanti odierni, passeggeri, rispetto alla propria eternità. 

Commenti

  1. Forse questa teatralità tipica italiana mi lascia un po' così . Sarebbe da provare 🤔

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    1. Siamo così abituati a noi che ci “lasciamo un po’ così” e scappiamo a vedere altre cose, ma possiamo guardarci da mille angolazioni e adorare quella che ci rispecchia di più. Grazie del commento ❤️

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  2. Mi sembra abbastanza inquietante già solo dalla recensione! �� -Emi-

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  3. Purtroppo non leggo thriller, mi annoiano da matti ç.ç

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