#Bibliofili in quarantena

Mi mancano le biblioteche: quelle scomparse, quelle piccole che arrancano per dare un servizio di pubblica utilità e quelle gigantesche, materne, dalle scrivanie in massello e le abat-jour in vetro smerigliato e ottone. In ogni caso quelle che conservano il sapere da prima che io nascessi, molto tempo fa. Mi manca quella sensazione di mistero e possibilità e il pizzicorio agli occhi nella sala dei manoscritti e rari. Mi mancano i volumi embossati dalle cuciture ingiallite. Ho nostalgia dei bibliotecari, di quelli che ti pregano per firmare all’entrata e che sorridono in silenzio se riponi da solo i libri che hai consultato. Mi mancano quelli che  si inerpicano su una grossa scala cigolante, anziani, invalidi per fare più alto te, più giovane, che hai richiesto un libro. Quelli colti, quelli a cui puoi dire che hai bisogno di un volume verde, di cui non ricordi la collocazione, per ritrovarti in mano un pezzo della Teubner. Mi manca provare quel timore reverenziale misto alla gratitudine, quella goffa sintonia con chi ha studiato prima di me e più brillantemente nella stessa sala di consultazione. Mi mancano le modanature rinascimentali, gli affreschi ottocenteschi che guardo a naso in su rischiando di inciampare piano per piano. Mi manca dire che le biblioteche sono per i giovani, per giustificare che mi si spezza il fiato per l’emozione, quando sono vicina alla sala prestiti e avró in prestito un libro. In prestito, perchè appartiene a tutti e chissá quanti prima di me avrebbero desiderato segnalare, sottolineare, ma non si poteva e quanti lo fanno lo stesso! Mi manca il silenzio rumoroso delle menti che leggono accanto a me, quell’affinità di intenti che fa il rispetto per il luogo. Ho bisogno di un respiro.